Nascere, incarnarsi in questa vita umana è davvero un privilegio, di cui essere grati?
Ciò che sto per scrivere non è bello, né poetico, né romantico. Non è un inno alla vita, forse. Ma è un coacervo di domande che in questo momento devo lasciare sgorgare dal mio cuore.
A pensarci bene, ma bene bene, non riesco a vedere quel privilegio: nascere è una profondissima sofferenza, forse l’inizio di una profonda, prolungata e ripetuta sofferenza.
Si nasce in una rete familiare, che, con il passare del tempo, inevitabilmente si sgretola: quando non volontariamente, attraverso separazioni ed allontanamenti, di certo naturalmente, attraverso la malattia e la morte dei nostri cari.
Si creano rapporti di amicizia, relazioni lavorative, che poi si annientano.
Si creano relazioni spirituali, come quelle con gli animali domestici ed anche quelle prima o poi svaniscono, perché la Natura si riprende ciò che le appartiene.
In tutta questa serie infinita di conclusioni, di rotture, di abbandoni, ciò che rimane è una lunga scia di sofferenza, la cui eco diventa assordante nella luce lancinante del ricordo e della nostalgia. Suoni e immagini di ciò che è stato e non sarà più, di chi c’era ed è andato via e davanti a noi uno spazio vuoto, che somiglia tanto ad un baratro.
Non puoi fare a meno di chiederti quale sia il senso di donare della bellezza, della gioia, se poi viene portata via. Dovevamo farne un certo uso, farci condurre a certi obiettivi? Lo abbiamo fatto? Lo faremo? il significato ed il valore di quelle esperienze godute e svanite, lo coglieremo soltanto nel tempo? E quale sarà quel guadagno, sarà proporzionato al dolore della perdita? Sarà superiore?
Ecco che qui i saggi spirituali potranno illuminarci sul valore purificante della sofferenza, capace di aprirci lo scrigno del tesoro del Paradiso. E la saggezza orientale verrà a spiegarci che questa sofferenza nasce dall’attaccamento e dalla resistenza al cambiamento. Però non ci spiega, o forse lo fa, ma in maniera difficilmente attuabile, come evitare di attaccarsi e come – sempre in concreto – evitare di contrastare il cambiamento.
Occorre tantissima saggezza per far fronte a tutto questo, e ne occorre molta di più per dare alla mia domanda iniziale una risposta capace di mantenere viva la fiamma della speranza, per dare bellezza a ciò che in certi momenti appare solo una fitta e spaventosa tenebra.
bisogna vedere quali aspetti positivi ci sono insiti in tutte queste negatività. Ovvero bisogna pensare positivo
In questo momento, credimi, scavo a fondo e provo ad assumere tutti i possibili angoli visuali. Ma davvero l’aspetto positivo, non solo non lo vedo, ma proprio escludo che esista.
per me esiste. Anche una esperienza negativa ci dà fegli aspetti positivi. Ad esempio non ripetere lo stesso errore.