Meriggiare pallido e assorto. Ovvero, di un caldo pomeriggio di luglio.

 

Siamo al 4 luglio e pare che faccia caldo. Secondo qualcuno, persino molto caldo. No, io non ne sono sicura: il mio raffreddore perpetuo falsa le mie sensazioni epidermiche. L’umidità certo la sento. Sento il disagio che porta con sé, rendendo inospitale ogni luogo, scomoda qualsiasi seduta, disturbato ogni sonno. Ma anche ciò mi consta più dall’esperienza che non da una mia percezione concreta. So che, quando c’è elevata umidità, ogni sonno è disturbato, qualsiasi seduta è scomoda,ogni luogo è inospitale e il disagio impera. citysun1

Però, seduta al tavolo di questa trattoria, anche io realizzo che siamo al 4 luglio. Non tira un filo di vento, noto un condizionatore, dal quale escludo esca qualcosa, e anche la mia pelle finalmente si imperla di sudore. Il solito menu, lo stesso da sempre. C’è un’aria decadente oggi, noto una leggerissima trascuratezza, negli arredi, alle pareti, nella stessa aria che vi si respira; non emerge, ma c’è.

Penso che i ragazzi che gestiscono il locale forse non si stiano impegnando a sufficienza: persino io che non sono del mestiere, penso che potrei consigliare loro almeno di rinnovare il menu, modificare l’ordine dei tavoli  o dare una rinfrescata alle pareti: piccoli accorgimenti assolutamente economici, ma che porterebbero una ventata di rinnovamento nell’angusto (ma neanche tanto) locale.

Per un attimo mi chiedo perché mai sia venuta qui; più accuratamente, mi chiedo, cosa mi trattenga dall’alzarmi ed andarmene: in definitiva non ho prenotato il tavolo ed ancora non ho neanche ordinato.

Decido di restare. Come sempre.

Sono uscita tardi dal tribunale, oggi, e preferisco trattenermi a pranzo qui a raccogliere le idee di una di quelle mattinate  in cui non sono del tutto sicura di poter tirare una somma di qualche tipo. Ci penso un po’ e realizzo che sarebbe potuta andare peggio: ho incassato un rinvio che mi permetterà di temporeggiare e valutare fatti nuovi. Non so cosa intenda per valutare fatti nuovi, dove ci sono dei genitori in via di divorzio e dei figli minori che hanno deciso di non aver più nulla a che fare col padre, così, inopinatamente, da un giorno all’altro. Del tutto sordi a quelle che sono diventate quasi delle preghiere, di avere una risposta ad un messaggio, ad una chiamata…. Dei bambini, possono, di punto in bianco, decidere di cancellare il padre dalle loro vite? Quali fatti nuovi dovrei valutare, esattamente? fare accettare al padre l’idea di perdere l’affidamento dei bambini?

Decido di chiudere l’argomento. Come sempre.

Ordino un misto caldo, così, per restare in tema con la stagione; e poi degli involtini di pesce spada, con la granella di pistacchi, che sembra il massimo sforzo di fantasia dello chef. Mi rendo conto che i due piatti non abbiano una grande affinità tra loro, ma ho desiderio di panelle e sono pronta a rischiare la mia digestione.

Nell’attesa sorseggio l’acqua fresca e rinuncio alla consultazione compulsiva dello smartphone, certa di non trovarvi nulla di interessante e, a ben vedere, certa di non voler neanche sapere se possa trovarvi qualcosa di interessante. Notifiche? messaggi? se ci fosse qualcosa di urgente, riceverei la buona vecchia telefonata.

Decido di non voler sapere. Come sempre.

Col mio bicchiere in mano, osservo la rada clientela della trattoria e mi sembra di poter dire che nessuno sia del tutto concentrato sul cibo che ha davanti, mangiano velocemente, con la mente in un luogo lontano, tra pensieri distanti.

Arrivano le mie panelle e le trovo buone, eppure avrei giurato che non lo fossero, non so il perché di questo pregiudizio, in definitiva l’aspetto stantio del locale e la staticità del menu non devono necessariamente implicare una cattiva qualità del cibo. Continuo a gustare il mio rovente antipasto con le sue verdure in pastella.  La pastella è croccante, strano, non lo avrei detto: ancora una volta avrei scommesso e avrei perso.

Rincuorata dal buon antipasto, accolgo fiduciosa gli involtini di pesce spada ed ammiro la presentazione; no, non è una sorpresa, già altre volte ho ripiegato su questo piatto, perché non convinta dagli altri. La sorpresa è trovarli immangiabili. Eppure li mangio ugualmente, forse nella inconsapevole speranza che quello successivo sia migliore del precedente. Non è così, anzi, se possibile, dall’uno all’altro è via via peggio.

Mi convinco che nulla è mai come sembra e che, anche se ciò sembra un luogo comune, anche se ciò, possibilmente, E’ un luogo comune, nondimeno corrisponde a verità.

Decido di non protestare. Come sempre.

citysun2Saluto, con gentilezza, ricambiando, del resto, la gentilezza dei ragazzi e dopo qualche istante, sono sul marciapiede assolato di una delle strade più centrali della città. Il traffico è rado e l’aria polverosa e scalcinata; adoro quest’atmosfera tanto mediterranea. Pare faccia caldo in questo primissimo pomeriggio di luglio, anche se a me non sembra.

Come sempre.

5 pensieri su “Meriggiare pallido e assorto. Ovvero, di un caldo pomeriggio di luglio.

    1. Mah…. Momenti di stanchezza. Faccio mentalmente una rapida valutazione, sul fatto che valga o meno la pena protestare. E in questo caso non lo ritengo, non perché non valga la pena oggettivamente, ma (soggettivamente) perché non ritengo utile avvelenarmi prendendo questioni di poco conto. Non sta a me salvare la sorte della trattoria, la prossima volta andrò altrove. 😉

        1. La verità… beh, la verità è che c’è del biasimo contro me stessa, nella mia arrendevolezza; c’è un voler chiudere certi capitoli, evitare certe indagini, ma talvolta c’è anche un rimprovero al non fare e dare abbastanza, nei miei “come sempre”.

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